Legato a Te Capitolo 1

Asa

«Non c’è niente di male nel trovare sexy le competenze.» Sedendomi più dritto – non che mi aiutasse a sembrare più alto – osservai l’uomo irrequieto e quasi nudo che avevo davanti. «Mi hai chiesto quali tratti trovi sexy in un uomo e ti ho risposto. Competenza. Intelligenza. Stabilità emotiva.»

Non era mica astrofisica.

Conner non sembrava essere d’accordo, però. Mi fissava come se fossi una nuova e bizzarra specie di insetto che era stata appena scoperta. Ma poiché quello era un miglioramento rispetto alla reazione che aveva avuto vedendo i miei vestiti, o notando proprio che li indossavo, non me ne preoccupai.

Scosse la testa e indicò la stanza. «Queste sono caratteristiche importanti in una brava persona, specialmente un buon Dom, ma che dire dell’aspetto fisico?»

L’espressione sul suo viso mi fece capire che non aveva idea di cosa stessimo parlando, ma che comunque stava cercando di essere educato. Sfortunatamente per lui la conoscevo bene.

Provando a non sospirare, mi passai la mano sulla camicia e mi sedetti, se possibile, ancora più dritto. Avrei dovuto scendere a un compromesso e abbassarmi al suo livello, se ero davvero intenzionato a ottenere qualcosa. «La personalità, la forza d’animo, i princìpi morali e l’intelligenza sono più importanti dell’apparenza, ma sì, dovrebbe esserci attrazione fisica.» Tuttavia, dato che non ero mai uscito con nessuno con quello scopo in mente, non ero sicuro di come continuare. Tutto il resto era sempre venuto prima, l’attrazione solo dopo. «Apprezzo gli uomini alti?»

Il sospiro di Conner mi disse che quello non era particolarmente utile… e siccome io ero a malapena un metro e sessantacinque, non aveva poi tutti i torti.

«Proviamo di nuovo.» Diede un’occhiata alla stanza, annuendo e borbottando qualcosa tra sé. «Penso che possiamo eliminare chiunque si occupi di politica. Giusto per andare sul sicuro.»
Dato che sembrava una scelta oculata, annuii.

Riportando lo sguardo su di me, fece rotolare la propria bottiglietta d’acqua tra le mani. «La maggior parte dei ragazzi più giovani potrebbe non avere… beh, molte di quelle caratteristiche, quindi possiamo dire che stai cercando qualcuno di un po’ più grande, giusto?»

Ero sempre stato attratto dagli uomini adulti, e il periodo trascorso al college aveva soltanto consolidato il mio pensiero, così gli rivolsi un altro cenno della testa. «Sì, direi di sì.»
Conner sembrò stranamente sollevato. «Va bene, sei… non sei tanto grande, quindi forse non troppo maturo…»

Lo derisi. «Ho più di ventun anni. Non parlarmi come se ne avessi cinque.»

Lui ridacchiò. «Hai ventun anni e un giorno. Quindi sì, in pratica ne hai cinque rispetto agli uomini che sto pensando di presentarti, perciò perdonami se mi preoccupo.»

Dall’occhiata veloce che avevo riservato al locale avevo già capito che ero più maturo di almeno una buona parte degli uomini che vedevo, così pensai che stesse leggermente esagerando. «Avrei fatto domanda prima, se avessi potuto.»

Quello non sembrò aiutare la propensione di Conner. «Non ho mai incontrato un brat più educato nella mia vita.»

Si aspettava che rispondessi?

Il suo broncio indicava che avrei dovuto dire qualcosa, eppure continuò: «Va bene, ti piace l’uomo alto. E le preferenze BDSM?»

Era molto più facile rispondere a quello piuttosto che indicare caratteristiche fisiche a caso che magari avrei potuto trovare attraenti. «Mi interessano il controllo, le restrizioni e il dolore lieve. Sono anche abbastanza curioso sul BDSM come stile di vita, non solo limitatamente alle sessioni di gioco del fine settimana.»

Conner alzò gli occhi al cielo. «Ovviamente.»

Poiché al club avevano già preso i miei soldi e accettato la mia domanda di iscrizione, non vedevo il motivo per dover continuare a essere gentile. «Sei davvero molto drammatico.»
Mi chiesi se ci fosse una correlazione tra il suo pessimo comportamento e la mancanza di vestiti che lo caratterizzava.

L’altro sembrò rimanerci male sul serio. «Scusa, per qualche ragione mi dai sui nervi.»

Scrollai le spalle. «Lo stesso vale per te, ma non lo avrei mai detto ad alta voce.»

D’accordo che ero cresciuto praticamente da solo, ma almeno sapevo come comportarmi. «Non devo piacerti,» continuai. «Tu di certo non sei il mio target di riferimento. Ma se quello che stai dicendo è che questo non è il posto giusto per me, ti prego di rimborsarmi quello che ho speso e me ne andrò. Onestamente, visto il numero di politici che gira voce frequentino questo posto, non ero sicuro che sarebbe stato comunque il club adatto a me. Sai, valori diversi e tutto il resto.»

Ah!

Conner aveva irrigidito la mascella: avevo fatto centro.

Se pensava che me ne sarei stato seduto lì come un bravo, piccolo sub, lasciando per giunta che mi guardasse dall’alto in basso, era più stupido di quanto mi aveva dato modo di sospettare.

Cambiò espressione, ed ebbi l’impressione che stesse per dire qualcos’altro di scortese, invece si trattenne. «No, non vogliamo che tu te ne vada; ci sono molti Dom con cui andresti d’accordo. Sono solo…»

Si fermò e si guardò intorno.

«Forse è meglio se ne parli con Ben. Per favore, aspetta qui.»

Si alzò e se ne andò borbottando qualcosa sull’aver bisogno di un drink.

Un altro punto a suo sfavore. L’alcol portava solo guai.

Mentre Conner si faceva strada attraverso la stanza, apparentemente incapace di trattenersi dall’agitare il culo davanti a tutti, mi spostai sulla sedia e mi appoggiai al muro. L’arredamento da piccolo bistrot era carino, ma non aveva lo scopo di essere comodo.

Saltellando con lo sguardo per la stanza, sorrisi a un gruppo di little e ai loro Daddy. Avrei avuto la vita decisamente più facile se fossi stato in grado di sprofondare in uno spazio mentale tanto innocente. Tuttavia, dal momento che per me non era un’opzione, voltai la testa e osservai i gruppetti che affollavano lo spazio dell’area lounge.

Un uomo tarchiato e dall’espressione accigliata al tavolo accanto fece un commento su una scena che sarebbe iniziata presto, quindi sperai significasse che la stanza si sarebbe sgombrata un pochino. Mentre scrutavo i visi e notavo la varietà dei fisici presenti in sala, desiderai che esistesse un modo per dare un’occhiata a qualcuno e sapere se fosse degno di fiducia o no.

Avevo contato sul fatto che i proprietari potessero indicarmi la direzione giusta, ma se non fosse stato possibile non sarei tornato lì una seconda volta. La prospettiva di passare il mio tempo a smistare Dom completamente a caso non era affatto allettante. Doveva esserci un modo più efficace per trovare la persona che volevo, non era possibile che dovessi lasciare fare al caso.

Tuttavia non avevo ancora trovato un sistema, ed era proprio quello il motivo per cui avevo riposto grandi speranze nel club.

Fino a quel momento gli unici Dom che avevo incontrato non erano stati gli individui più pazienti del mondo, ma ero giunto alla conclusione che il motivo risiedesse nel fatto che rientravano nella categoria degli aspiranti dominatori. Stavo cominciando a pensare che avessi sbagliato anche in quella supposizione.

Mi ero quasi convinto ad andarmene quando un viso familiare dall’altra parte della stanza mi indusse a bloccarmi di botto. Sentivo che si trattava di una persona importante, ma non sapevo perché.

Chi era?

Era un professore del college?

Un vicino?

Sapevo di averlo già visto – in un mare di sconosciuti, lui era di più.

Doveva avere almeno quarant’anni, ma la sua espressione diceva “serio” ed “esperto”, non “vecchio”. Lo conoscevo… ma in che modo?

Ero così immerso nel risalire al ricordo corretto che trasalii quando qualcuno si sedette al tavolo. Allontanai lo sguardo dalla figura esasperatamente familiare e lo portai su uno sconosciuto che indossava la T-shirt di un concerto e dei jeans consumati che con tutta probabilità costavano più del mio guardaroba.

Doveva essere Ben.

Mi allungai sul tavolo e gli tesi la mano. «Ben, presumo.»

Lui annuì, un po’ a disagio mentre me la stringeva. «Mi dispiace che le cose non siano andate bene con Conner. Di solito i nuovi sub si sentono più a loro agio a parlare con un altro sub, ma forse in questo caso è meglio tentare un’altra strada.»

Ovviamente.

«Sono d’accordo.» Non ero sicuro di cosa gli avesse raccontato Conner, però, quindi rimasi in silenzio. Poteva anche non piacermi, ma metterlo nei guai con il suo Dom non mi sembrava la cosa giusta da fare.

Ben mi rivolse un vero sorriso. «Inizio a rendermi conto del perché tra voi non abbia funzionato.»

Quella lista di motivazioni probabilmente sarebbe stata troppo lunga da esaminare, perché aggiunse senza entrare nei dettagli: «Da quello che ho capito, stavi elencando i tratti caratteriali che trovi interessanti…» Quando annuii, continuò: «Conner mi ha detto che stai cercando un tipo serio, che sia maturo e affidabile, ma anche un Dom propenso allo stile di vita BDSM anche al di fuori delle sessioni di gioco.»

Pensai che fosse un buon modo per descriverlo. «Sì, esatto.»

Lui sembrò contento di avere compreso la situazione. Ben si rilassò sulla sedia, si passò le mani sulle cosce e poi si guardò intorno. «Onestamente, direi che un sacco di uomini presenti qui si adattano a questa descrizione generale. Il che penso sia parte di quello che ha portato Conner a tentennare.»

Non mi importava davvero il motivo per cui non gli piacessi, ma ero leggermente curioso. «Parte? Qual è l’altra parte?»

Ben sorrise di nuovo. «Lui si basa prima sulla passione e l’istinto, solo dopo sulla razionalità. Ho la sensazione che tu sia il suo esatto opposto.»

«Come può un sub sentirsi a proprio agio con quel tipo di passione senza aver stabilito prima un rapporto di fiducia?» Non avevo mai compreso quel tipo di logica, ma mi ero accorto da molto tempo di essere in minoranza.

«Ti capisco benissimo. Per cominciare, direi di evitare i Dom coinvolti nella politica. Non sono persone cattive, ma non credo che vedreste le cose allo stesso modo, e le loro vite possono essere… complicate.»

Dal momento che concordavo, annuii, e lui proseguì: «È il caso di farti fare un giro veloce, poi ti presenterò ad alcune persone.»

Sembrava l’opzione migliore se avessi deciso di restare, ma la necessità di chiedergli notizie di quell’uomo prevalse su tutto il resto. «Per me va bene, ma prima puoi dirmi chi è quel tizio con la camicia bianca?» Spostandomi, guardai nella sua direzione, sollevato nel vedere che si trovava ancora lì. «È nell’angolo più lontano, insieme a un gruppo di uomini. Mi sembra familiare, ma non riesco a identificarlo.»

Ben si sporse, affiancandomi, e osservò tutta la stanza fino a quando non annuì. «Quello che dà la schiena al muro? È Stuart…»

«Blake.» Il cognome mi uscì dalle labbra prima che la mia mente avesse la possibilità di dare il comando. «È il signor Stuart.»

Ben ridacchiò. «Non è il modo in cui lo chiama la maggior parte della gente qui, ma sì. Come lo conosci?»

Ignorai la sua provocazione. «Era il mio vicino quando ero piccolo.»

Come avevo potuto dimenticarlo?

Dieci anni non lo avevano cambiato molto. Avrei dovuto riconoscerlo subito, perché avevo pensato a lui con intermittenza per più tempo di quanto avrei dovuto. Forse era solo che sembrava molto più straordinario di quanto ricordassi.

Oltretutto era chiaro che la mia immaginazione di ragazzino non l’avesse sopravvalutato come mi ero sempre ripetuto. L’età lo aveva solo reso più sexy, o forse erano i miei anni a cambiare il modo in cui lo vedevo. «Pensi che si imbarazzerebbe se andassi a salutarlo?»

Mi voltai verso Ben e vidi che stava scuotendo la testa. «È un bravo ragazzo. Potrebbe metterci un attimo a superare lo shock, ma sono sicuro che subito dopo si sentirà a proprio agio.»
Non appena riportai lo sguardo sul signor – no, solo Stuart – Ben si schiarì la gola. «È un po’…»

Ridacchiai, interrompendolo. «Diretto e schietto.»

L’altro sorrise. «Non è come alcuni lo descrivono, ma sì.»

«Sono contento.» La mia risposta sembrò confondere Ben, ma per me fu più che logica. Perché mai avrei dovuto volere qualcosa di diverso da Stuart? Sapere che era rimasto lo stesso uomo controllato e affidabile mi faceva solo venire voglia di sorridere, e finalmente sentii lo stress che mi aveva gravato le spalle fino a quel momento farsi meno pressante.

Forse tutti i problemi affrontati per iscrivermi al club ne sarebbero valsi la pena.

Non mi aspettavo che Stuart si gettasse su di me, quello sarebbe stato ridicolo, ma era sempre stato gentile nei miei confronti. Non poteva essere cambiato poi così tanto.

Giusto?

Ignorai la nuova e strana tensione che sentivo montarmi dentro e mi concentrai su Ben. «Sarebbe più appropriato se venissi con me, oppure non è necessario?»

Non pretendevo di capire tutte le regole sociali. Lui però fece un gesto vago con le mani. «Andrebbe bene in ogni caso, ma verrò con te a salutare.»

Era evidente che pensava di dovermi salvare da una situazione potenzialmente imbarazzante, ma ero stato un bambino così fastidioso che era impossibile che Stuart si fosse dimenticato di me. «Perfetto.»

Presi la mia bottiglietta d’acqua e mi alzai prima che lui trovasse un’altra domanda ridicola da pormi. Non era andata affatto come avevo pianificato.

Sembrava che Ben non sapesse se essere preoccupato o trovarmi carino – nessuna delle due opzioni mi stava bene – ma attraversammo comunque la stanza senza la minima lamentela da parte sua. Dal momento che quella parte del locale iniziava a svuotarsi, via via che ci dirigevamo verso Stuart ricevemmo diversi sguardi curiosi.

La maggior parte degli uomini non riusciva a decidere come classificarmi, mentre alcuni Dom sembravano fregarsene del fatto che mi fossi presentato lì completamente vestito. Rivolsi un cenno della testa a tutti quelli che mi suscitavano una buona impressione e mi feci l’appunto mentale di chiedere notizie sul loro conto a Ben.

Quando finalmente ci avvicinammo a Stuart e agli uomini con cui stava parlando, lui si voltò verso di noi e mi osservò. Non riusciva a capire chi fossi, era ovvio, ma non sembrava neanche in grado di distogliere lo sguardo. L’espressione seria con cui mi osservava, quasi mi stesse studiando, riportò a galla un’ondata di ricordi che mi fece sorridere.

Una volta arrivati da loro, Ben fece per parlare, ma io lo precedetti, sorridendo a uno Stuart ancora confuso. «Signor Stuart, sarà contento di sapere che ho finito i compiti di matematica e che non ho corso nella sua aiuola.»

Ci furono alcuni secondi di silenzio in cui i suoi amici ci guardarono come se l’insetto che stavano fissando avesse iniziato a citare Shakespeare, ma dopo alcuni imbarazzanti momenti di silenzio a Stuart si illuminarono gli occhi e cominciò a ridere.

Poi, sotto lo sguardo allibito di chi lo osservava, si alzò e girò intorno a un tavolino per abbracciarmi. Si allontanò di poco con la schiena per osservarmi con attenzione e scuotere la testa. «Sicuro di non aver bisogno di aiuto con i compiti? La matematica non è mai stata la tua materia preferita, ragazzino.»

Emisi un verso frustrato. «Per sua informazione, ora ho una laurea in Contabilità.»

Il sorriso di Stuart si allargò. «Davvero?»

Annuii, sentendomi finalmente un po’ in imbarazzo. «Dovevo seguire i passi del mio eroe, no?»

Quello mi fece ottenere un altro abbraccio e un sorriso comprensivo. Mentre mi teneva stretto, sussurrò piano: «È bellissimo rivederti. Ero davvero preoccupato quando la tua famiglia è scomparsa.»

Gli strinsi le braccia mentre si allontanava, determinato a fargli capire che per me era chiaro cosa stesse dicendo anche se non ero disposto ad aprirmi davanti a degli estranei. Stuart lo capì, però. Lasciò cadere l’argomento e si rivolse ai suoi amici. «Lui è Asa. Questo piccolo piantagrane mi faceva impazzire. Diventavo matto ogni volta che correva nel cortile della mia prima casa, il che avveniva praticamente sempre.»

Alzai gli occhi al cielo. «Una volta sola. E poi è uscito sul portico come un vecchio scontroso e mi ha spaventato a morte.»

Stuart mi derise, ma il modo in cui i suoi amici sghignazzarono e annuirono mi fece capire che anche loro potevano immaginarlo in quelle vesti. Lui fece un gesto noncurante con la mano, poi riportò lo sguardo su di me. «Cosa ci fai qui?» La mia espressione dovette avergli detto che era una domanda ridicola, perché continuò: «È impossibile che tu sia un membro del club, perché vorrebbe dire che io sono davvero vecchio.»

I miei occhi sarebbero diventati la parte più muscolosa del mio corpo se avessi continuato ad alzarli al cielo.

«Ho compiuto ventun anni ieri. Quindi sì, lei è vecchio. E per quanto riguarda quello che faccio qui, penso che sia ovvio. La mia sessualità probabilmente era chiara anche allora, solo che non l’avevo capito.» Né avevo compreso perché fossi tanto attratto dall’uomo scontroso che viveva in fondo alla strada.

Stuart mi diede l’impressione di voler protestare, ma alla fine scrollò le spalle. «Sì, non mentirò: non mi sorprende.»

Ecco un altro dei motivi per cui mi piaceva da bambino.

Lui era stato l’unico a dirmi la verità in mezzo a un mare di adulti impazziti e alla solitudine che mi dilaniava.

«Solo che non riesco a credere a quanto tu sia cresciuto.» Poi sorrise e appoggiò il gomito sulla mia spalla. «O dovrei dire maturato, dal momento che non sono sicuro tu sia molto più alto di prima.»

Mi scrollai di dosso il suo braccio, ma la sua espressione serena mi disse che non gli importava. «Uno di noi è diventato più maturo, e certamente non è lei.»

Lui rise di nuovo, al contrario dei suoi amici che sfoggiavano sorrisi educati e ci guardavano come se fossimo animali dello zoo. Nemmeno l’espressione di Ben era migliore. E quando Stuart se ne rese conto sparò a tutti un’occhiataccia che chiaramente intimava loro di essere gentili.

Quello aiutò un po’, soprattutto quando lui iniziò a fare le presentazioni. Partì dall’uomo che era seduto al suo fianco. «Lui è il mio amico Porter.»

Poi indicò il sub in ginocchio lì di fianco, in silenzio e, con mia grande sorpresa, vestito. «Quello è il suo boy Landon.» Poi proseguì, presentandomi tutti gli altri che, ovviamente, considerava suoi amici; quando mi resi conto che uno fra tutti mi sembrava abbastanza familiare capii che probabilmente conosceva la maggior parte di loro da molto tempo.

Quando terminò si girò verso di me. «È la tua prima volta al club?» Indicò Ben, che se ne stava ancora lì in piedi cercando di dare l’impressione di sapere cosa stava succedendo. «Ben ti sta facendo fare un giro? Mi è sembrato di averti visto con Conner.»

Feci una smorfia, e Ben tossì per coprire la propria risata.

Stuart sorrise. «Vedo che fai ancora amicizia nel modo più difficile.»

Scrollai le spalle, perché non potevo negare che avesse ragione, e poi mi concentrai sulla prima parte della sua domanda. «Ben mi farà fare un giro, se deve, ma sperava di trovare qualcuno a cui sbolognarmi. Io e Conner vediamo le cose in modo molto diverso, quindi non è il candidato adatto a mostrarmi il club.»

Gli amici di Stuart provarono a non ridere, mentre Ben rimase proprio a bocca aperta.

Si era aspettato che mentissi?

Stuart annuì. «Anch’io gli do sui nervi.» Si guardò intorno, poi riportò lo sguardo su di me. «Sarei felice di accompagnarti, se non pensi che sarebbe imbarazzante.»

«Perché dovrebbe esserlo?» Feci spallucce. «A meno che lei non sia cambiato significativamente dal nostro ultimo incontro…»

L’uomo che ero sicuro di aver già visto prima scosse la testa. «Non l’ha fatto.»

Era bello saperlo.

Osservai Stuart, e mi rilassai al calore familiare che aveva sempre irradiato sotto quell’apparenza austera. «Mi piacerebbe se mi mostrasse tutto. Grazie.»

Forse non avevo avuto una cattiva idea, alla fin fine.

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